Massimo Moschella, trader con continuità dal 2009, oggi divide la sua vita professionale si divide tra Avellino e Roma, tra la gestione delle sue aziende e un’attività di trading prevalentemente da scalping sui futures.
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L’intervista a Massimo Moschella
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Gli inizi
L’attività di trading è nata una decina di anni fa, e come professionista da 3 anni circa.
In realtà la mia storia con i mercati finanziari non è recente ma antica, tanto che ho mutuato tutti gli esami che potevo da economia, e alla fine della laurea mi sono concesso il master perso l’AIAF.
L’approccio vero e proprio nasce con il rapporto con mio padre, abbiamo cominciato insieme a trovare qualche strada diversa dai soliti bot e cct.
Ho avuto nel 2008 qualche delusione, ma non ho smesso, un aspetto del mio carattere è la determinazione e i no che ricevo dalla vita mi aiutano a crescere.
Nel 2009-10 ho conosciuto mio cognato, che lavorava presso lo studio di Giardina, agente di borsa di Roma, e ho cominciato lì il mio primo approccio con i futures, in modo molto graduale.
I risultati non sono stati particolarmente brillanti, per cui ho deciso di iniziare a frequentare dei traders, ho respinto l’idea di fare trading da autodidatta, sono stati anni di corsi e soprattutto di coaching.
Credo molto nel lavoro di bottega, ci si forma presso la bottega di un maestro.
Ancora adesso almeno una volta all’anno mi regalo una coaching con un collega con il quale mi posso confrontare e posso verificare il mio livello.
E’ stato difficile trovare i maestri a cui ti stai riferendo?
Sono stato fortunatissimo, ho incontrato persone molto capaci, tra cui Giovanni Lapidari ad esempio.
Non lesinate sulla scelta dei docenti, perché sono loro la vostra vera fortuna.
Le cose buone si pagano. Questa è una professione a cui non si accede con capitali scarsi, i capitali servono per ottenere una formazione virtuosa, e nello svolgimento della stessa.
Questo è un ambiente che è possibile provare e vivere sotto molteplici profili.
Troverete chi è bravo ad insegnare, chi è bravo a tradare e chi è bravo a fare entrambe le cose.
E’ un settore in cui molti standard devono essere ancora scritti, ma le persone virtuose se hai un minimo di sensibilità le trovi facilmente.
Oggi che tipo di operatività hai?
Sono essenzialmente uno scalper, adoro il confronto quotidiano con i mercati, non mi spavento a guardare in faccia un grafico, un trading di posizione mi annoierebbe tanto.
Sono circa tre anni che dedico al trading circa 8 ore al giorno, e questo mi costringe a fare i salti mortali per dedicarmi alla mia azienda, ho la fortuna di avere collaboratori estremamente validi, senza i quali non sarebbe possibile nulla di tutto ciò.
Sono convinto che il book fornisca occasioni quotidiane per portare qualcosa a casa.
Non è più una questione economica, é’ una sfida che mi piace sostenere e vincere.
La scelta del proprio sistema di trading passa per le regole di base, ma poi si evolve, si sublima quando viene a contatto con la personalità del trader.
Mi piace un approccio aggressivo.
Tradare non é una scienza, é un’arte liberale, che presuppone la conoscenza di basi scientifiche.
Joe Ross ha chiamato il cap. 7 il trading é un’arte.
Tradare é assimilabile a dipingere un quadro, é indispensabile cercare un’armonia dentro se stessi, un’armonia tra sé, il pennello, la tela e il mondo che ci circonda.
Allo stesso tempo, il trading é un’arte militare: quando tradiamo studiamo il teatro di guerra, prepariamo le armi da utilizzare, valutiamo le forze del nemico, scaviamo trincee, predisponiamo difese. Se ci accorgiamo che il nemico arretra o é dubbioso, é lì che dobbiamo dispiegare il nostro esercito.
Quando trado ho bisogno di ingaggiare scontri molto cruenti, non risparmio nessuno, non faccio prigionieri, e questo perché mi piace pensare che trado contro qualche big investor.
[ctt template=”7″ link=”v61s1″ via=”yes” ]Tradiamo la nostra vita in uno con i nostri capitali. -Massimo Moschella @VitadaTrader[/ctt]I momenti difficili
Sicuramente i primi approcci con i futures, é inutile nascondersi che questo non è un mestiere per tutti.
Non é vero che é un’attività che si può fare nei ritagli di tempo e con 5-10mila euro sul conto, per cui devo dar ragione a chi prima di me ha comunicato che é una falsità.
L’importanza dei capitali mi portano a ricordare l’importanza del money management.
Personalmente sono convinto che la gestione dell’operazione aperta conta più del 70% nell’attività di trading.
Ne é prova un giochino che io faccio spesso quando i mercati ti logorano in trading range, apro i book e longo o short a casaccio.
Di queste posizioni alcune generano dei profitti, altre dei loss: con un’ottimale gestione del money management non c’è posizione che da loss non si possa portare in gain.
Da questo esercizio si imparano tantissime cose.
E’ vero che il trend è nostro amico, ma quante volte nell’operatività quotidiana ci viene contro?
Molti diranno “chiudo l’operazione in stop loss”.
Io personalmente non li ho mai usati e continuo a non usarli, questo proprio perché non c’è posizione in loss che non possa essere portata in gain.
Sono convinto che la leggenda degli stop loss sia stata creata dai broker. E’ un modo di tradare personalissimo, mi diverto così e ottengo dei risultati che non sono niente male.
Non é materia per chi é alle prime armi, é indispensabile che il bagaglio nozionale di analisi tecnica sublimi, si deve fondere con l’istinto, é l’istinto che ci porta a percepire le cose prima degli altri prima che accadano.
Si parte dalla scienza e coscienza delle regole dell’analisi tecnica, ma poi tutto ciò deve sublimarsi.
Quanto tempo ci hai messo a digerire e inglobare le conoscenze tecniche fino a trasformarle in qualcosa di tuo?
Io ho avuto un percorso di crescita piuttosto veloce ed esponenziale, nel senso che apprendevo velocemente da me stesso, dai miei trade, da quello che facevo giorno per giorno.
L’operatività odierna, che difficilmente scende sotto i 250-300 contratti futures al giorno, é cominciata a questi ritmi un anno e mezzo fa, e mi rendo conto che si autoevolve.
La gestione del MM non cambia con la grandezza dei capitali, si può azzerare ugualmente il conto in pochi istanti.
Io normalmente lavoro con due conti diversi, uno per mano, e ho la possibilità di aprire contemporaneamente posizioni long e short anche sullo stesso strumento, ma ritengo che questo non sia legato al patrimonio, ma alle tecniche, sebbene non mi avventurerei mai sulla sofferta strada del trading con 5-10k.
Non amo le grosse leve, e per ricordamelo, conservo un trade andato male alcuni anni or sono, è ancora aperto da 4-5 anni, é un memento mori, un certificato leva7 che all’epoca non sono stato veloce a chiudere, e l’ho voluto lasciare lì per ricordarmi che con la leva ci si fa male, per ricordarmi i rischi che quotidianamente corro e che devo cercare di minimizzare.
Cosa ti hanno insegnato il tuo migliore e peggiore trade?
Il peggiore é questo certificato a leva 7x short sul Mib. Conservo ancora qualche speranza, non si sa mai anche se é a valori molto più bassi di quelli di oggi.
I migliori trade tendo a scordarli subito, perché non ci si culla mai sugli allori, questo é un settore in cui se pensi di essere qualcuno é il giorno che sei un uomo morto.
Proprio settimana scorsa Giovanni Lapidari mi ha ricordato un mio trade fatto sulla Brexit.
Nei giorni prima i mercati erano saliti parecchio, circa il 10%, che in parte sfruttai, ma nel frattempo stavo formulando una strategia diversa basata sull’idea che vedevo una probabilità che gli inglesi facessero qualcosa di diverso da quello che ci si aspettava, in più pensavo che i mercati avevano già scontato con i prezzi la salita, per cui mi sono detto che andare short mi avrebbe fare rimettere al massimo un 2-3%. Per cui dispiegai le mie truppe e andai short di tutti i futures.
Erano le 20 di sera, chiusi le piattaforme e andai a cena. Alle 23 ero già a letto e diedi un’occhiata dallo smartphone, i sondaggi davano il remain in vantaggio. Il giorno dopo mi svegliai e la Gran Bretagna non era più in Europa, e quell’ardita scommessa era andata bene.
Sei partito affiancando il trading alla tua attività: nel tuo futuro credi che continuerà così, o inizi a sognare di fare solo trading e perché?
Ormai l’attività di trading non è più secondaria, sviluppa un volume d’affari tale da concorrere all’attività di impresa.
Per ora aspetto che mio figlio, che ha terminato l’MBA della Luiss, inizi a lavorare in azienda.
Dopo vedo ancora 4-5 anni dopo di che farò una scrematura come imprenditore ed eliminerò alcuni settori tra quelli in cui sono attivo, e l’attività di trading diverrà sempre più dominante.
Nel trading non riesco a fare trading di posizione, ho bisogno del contatto carnale con gli indici, con i grafici, devo ascoltare cosa hanno da dirmi, e quindi continuerò a dedicarci sempre più tempo.
Perché la maggioranza dei trader non hanno successo?
Per fare trading occorrono 4 cose: il capitale economico, il capitale tecnico, il capitale psicologico, e il quarto fattore é il talento di cui ho parlato prima.
Cosa intendi tu per talento?
Secondo me significa soltanto avere scritto nel DNA un approccio naturale a quello che si sta per fare, non é una questione di merito.
E’ più meritevole di apprezzamento chi non ha questo talento ma con l’impegno raggiunge dei risultati ragguardevoli.
Quando la determinazione, la passione, la conoscenza e i capitali giusti incontrano questo talento, abbiamo la sublimazione dell’arte del trading.
Secondo te qual è il capitale minimo per fare trading?
Io non mi azzarderei a svolgere questa attività con meno di 50k, é improponibile, l’ideale é da 100k in su.
Con meno capitale, é un’attività piacevole ma resta un gioco, tra l’altro esposti a mercati che oggi sono molto controllati, basta pensare cosa é successo alla sterlina da poco, normalmente avremmo visto un ribasso del 2-3%, e lì c’è da far poco, se non hai le spalle forti il gioco finisce lì.
Investite in formazione, pretendete di più, cercate un maestro che vi faccia vedere tutto, a partire dalla preparazione prima dell’apertura dei mercati, fino alla chiusura.
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